Ancona: un tuffo nella città tra passato e presente
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L'orologio a 6 ore al Palazzo degli Anziani

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Forse non in tanti hanno notato che l'orologio sul Palazzo degli Anziani è un orologio 'a 6 ore'. E a dir la verità non so se si tratti dell'unico in città... cercherò.
L’orologio a 6 ore è anche chiamato 'a ore romane o italiche' e a differenza di quello classico a 12 (anche detto 'a ore francesi' o 'oltremontane' poiché portato in Italia e fatto adottare dalle truppe di Napoleone), conta le ore dal tramonto del sole al tramonto successivo, da 1 a 24 ore. La giornata era scandita così da 4 intervalli da 6 ore ciascuno invece che dagli attuali 2 intervalli da 12 ore ciascuno. L'orologio funziona con un'unica lancia (stanghetta) sul quadrante che fa 4 giri completi in 24 ore (6x4=24).
Sono ore equinoziali con inizio del conteggio al tramonto di ogni giorno e il compimento della ventiquattresima ora al tramonto successivo. La notte, dunque, fa parte del nuovo giorno. Questo tipo di orologio era diffuso soprattutto in Italia (adottato dalla Chiesa) e compariva sui campanili delle chiese in maniera tale che tutta la popolazione potesse sapere l'ora. Addirittura, per quelle persone un po' dure d'orecchio, vi era la 'ribotta': dopo un minuto dal rintocco che segnava l'ora esatta, questo veniva ripetuto una seconda volta, tanto per non sbagliarsi.
Ma è anche da questo orologio che nascono moltissimi detti del nostro Paese. "Suona l'Ave Maria" oppure "Suona la ventiquattresima ora" poiché questa non cade al tramonto, ma dopo circa mezz'ora ovvero quando termina il crepuscolo e inizia appunto l'ora dell'Ave Maria annunciata dalle campane che segnavano con i loro rintocchi la fine della giornata di lavoro e richiamavano i fedeli alla preghiera della sera. Altro detto popolare è "Portare il cappello alle ventitré" ovvero inclinato sulla fronte in maniera tale da potersi riparare con la visiera gli occhi dal sole basso cioè quello che è prossimo al tramonto.
Anche Alessandro Manzoni ne 'I promessi sposi' fa riferimento a questo tipo di lettura d'orario. Quando infatti Agnese e Lucia scappano da Don Rodrigo e vengono accompagnate al convento, Manzoni scrive "il fatto sta che il buon uomo da cui erano state scortate le donne a Monza, tornando verso le ventitré, con il suo baroccio a Pescarenico" indicando non le 23 che consideriamo oggi noi, ovvero quelle della sera, ma le 23 intese come quella mezz'ora prima del tramonto.
Altro riferimento lo si trova a proposito della fuga di Renzo "Quando finalmente quel martello ebbe battuto undici tocchi, che era l’ora designata da Renzo per levarsi" sono intese come le 11 ore successive al tramonto ovvero poco prima dell'alba che avveniva alle 6. Bisogna infatti pensare che una volta non vi era la corrente elettrica e l'unica luce che poteva essere sfruttata per lavorare era quella del sole: ci si alzava all'alba e si andava a letto dopo il tramonto.


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